Vogliamo difendere
le nostre tradizioni? Insegniamo la scienza!
(e lasciamo stare i crocifissi e i presepi)
Come tutti i Natali,
anche quest'anno si inizia a fare polemica utilizzando presepi e crocifissi,
confusi come i simboli fondanti della nostra società. Ma quei simboli e quei
valori in realtà sono quelli della modernità e della scienza, e sono quelli che
dobbiamo coltivare, difendere e diffondere.
Durante l’ultimo consiglio comunale di Orbassano, un
paese in
provincia di Torino, la maggioranza di centrodestra ha
decretato una mozione per invitare i dirigenti scolastici delle scuole del
territorio ad allestire
il presepe nei loro istituti. Secondo gli estensori del
provvedimento, questa mossa servirebbe a ribadire che “ogni politica
dell’accoglienza non può essere fondata sulla rinuncia dei propri simboli”.
Niente di più giusto. È vero e sacrosanto rimanere se stessi se vogliamo
stare bene con gli altri. È un po' come nelle coppie, micro comunità in cui, se
uno dei due nega se stesso e si zerbina davanti ai valori dell'altro,
l'equilibrio salta e si manda tutto in vacca. Il problema, però, è che gli
estensori di questo provvedimento, come tutti quelli che lo hanno preceduto —
sotto Natale è diventata una specie di tradizione trincerarsi dietro il bue e
l'asinello — probabilmente hanno un po' di confusione su quali siano i valori e i simboli
dell'Italia contemporanea, dell'Europa e di tutto l'Occidente.
Se c'è qualcosa, infatti, che abbiamo tutti il
dovere di difendere davanti a chiunque e in ogni momento, non è certo il presepe, né il
crocifisso, che, per quanto possano essere folkloristici,
popolari e legittimi anche agli occhi di chi non si professa cattolico (non è
sempre vero n.d.r), sono
i simboli di una parte degli italiani, non dell'Italia.
I simboli e i valori che abbiamo il dovere di
difendere e di diffondere sono le conquiste della modernità e della scienza,
quelli che ci hanno lasciato in eredità tutte le grandi rivoluzioni del
pensiero occidentale degli ultimi tre secoli: l'importanza del dubbio contro
la certezza, la libertà di autodeterminazione degli individui, l'uguaglianza degli
stessi di fronte alla legge, la laicità
dello Stato e la dimensione
individuale e interiore della religiosità, da cui deriva
la libertà di chiunque di credere nel dio che gli pare e gli piace (o di non
credere affatto n.d.r).
Vogliamo insegnare
le basi della nostra cultura ai nuovi arrivati? Bene, insegniamo loro la filosofia
della scienza, la logica, la matematica, la fisica, la biologia. Facciamogli vedere come siamo arrivati a
capire che il mondo non esiste da appena 6000 anni, o che gli uomini non sono
nati da una manciata di fango e uno sputo di un essere divino, ma da migliaia
di anni di evoluzione,
o ancora raccontiamogli di come dando la precedenza allo stato rispetto che a dio siamo
riusciti a scoprire i
meccanismi che regolano la nostra piccola parte di universo.
Se c'è una cosa che la nostra parte di mondo ha fatto di grande è
questa galassia di conquiste. E questa deve
essere la prima cosa che mettiamo davanti a tutti quelli che arrivano. Senza
pretendere che smettano di credere a quel che gli pare, ma pretendendo che a scuola i loro
credi personali non ci siano, perché la scuola è il luogo dove si
imparano le cose che abbiamo in comune, non quello dove si rafforzano quelle che ci dividono, quelle siamo
liberi di metterle su un piedistallo in casa nostra.
E queste cose le sa benissimo anche il sindaco di Orbassano,
che ha aggiunto «Se un nostro amico che prega una religione diversa viene a
trovarci a casa nostra, non credo che ci preoccupiamo di nascondere il
presepe». Sì, esatto, signor sindaco, è per quello che la casa è nostra e la scuola è di tutti.
E se sono due luoghi sacri uguali è proprio grazie a una delle conquiste della
modernità, la distinzione tra pubblico e privato.
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