martedì 16 febbraio 2016

Padre Pio, la supercazzola da Pietralcina



  • Il corpo conservato nella teca non è il suo: o, meglio, non è chiaro che cosa resti del corpo originale. Cadaveri che non si decompongono e si conservano a lungo non sono solo una caratteristica dei santi. Ce ne sono molti in giro per il mondo e occasionalmente se ne trovano di molto antichi (basti pensare alle mummie degli egizi o a Otzi, l’uomo venuto dal ghiaccio, il cui corpo è rimasto integro per più di 5000 anni), ma certo non presentano il colorito naturale e il volto sereno e disteso che ha Padre Pio nella teca. Questo perché quello che vediamo non è il volto di Padre Pio ma una testa in silicone creata dalla ditta londinese Gems Studio, la stessa che realizza le statue per il museo di Madame Tussaud. Come sia realmente il corpo di Padre Pio lo si può intuire dalle dita annerite e secche che spuntano dai guanti.
  • Ordinava in segreto acido fenico dal farmacista: attraverso alcuni bigliettini chiedeva flaconi di acido fenico e vetrarina, sostanze caustiche in grado di procurare bruciature e lesioni sulla pelle. Quando il Santo Uffizio mandò a San Giovanni Rotondo monsignor Raffaele Carlo Rossi per indagare sui sospetti che circondavano le sue stigmate, Padre Pio si difese sostenendo che in realtà intendeva usare tali sostanze per fare uno scherzo ai confratelli, mischiandole al tabacco in modo da farli starnutire.
  • Le sue “visioni” erano copiate da quelle di un’altra mistica: appena ordinato sacerdote, Padre Pio passava gran parte del tempo a casa, anziché in convento, adducendo non meglio precisati problemi di salute. Per dimostrare il suo travaglio spirituale, le estasi e il contatto personale che aveva con Cristo scriveva ai superiori lettere piene di trasporto. Solo che erano copiate parola per parola dall’epistolario di Gemma Galgani, una donna di Lucca che aveva ricevuto le stimmate nel 1899, e il cui libro era tra le letture del giovane frate.
  • Era considerato uno “psicopatico” da Padre Agostino Gemelli: il fondatore dell’Università Cattolica di Milano fu inviato dal Sant’Uffizio per indagare sul frate e, al rifiuto di questi di farsi esaminare le stigmate, stese comunque un rapporto in cui definiva così il futuro santo: «È un bluff… padre Pio ha tutte le caratteristiche somatiche dell’isterico e dello psicopatico… Quindi, le ferite che ha sul corpo… fasulle… frutto di un’azione patologica morbosa… Un ammalato che si procura le lesioni da sé… si tratta di piaghe, con carattere distruttivo dei tessuti… tipico della patologia isterica».